Quando il clima entra nelle nostre emozioni
Il cambiamento climatico non è più uno scenario lontano: fa parte della nostra quotidianità. Eventi estremi, disastri ambientali, notizie allarmanti… tutto questo genera spesso una sensazione di ansia e impotenza. Sempre più persone la portano in terapia, descrivendola come un nodo allo stomaco, un pensiero costante o una paura del futuro. È quella che chiamiamo ecoansia.
Non è un disturbo in sé, ma un segnale: ci dice che siamo profondamente connessi alla Terra e che non possiamo restare indifferenti a ciò che le accade.
Viaggiare per cambiare prospettiva
Viaggiando molto, mi sono accorta di una cosa: non tutti reagiscono allo stesso modo davanti al cambiamento climatico. In alcuni luoghi ho incontrato persone e comunità che, invece di lasciarsi schiacciare dall’ansia, hanno trovato il modo di trasformarla in azione.
C’è chi ha creato centri culturali dove sensibilizzare sul rispetto dell’ambiente, chi ha dato vita a spazi di scambio tra residenti ed expat, chi ha messo al centro la gestione sostenibile delle risorse. Storie piccole, forse, ma capaci di generare speranza.
Queste esperienze mi hanno ricordato che il viaggio non è solo spostamento fisico, ma anche apertura mentale: ci permette di vedere che esistono più modi di affrontare la stessa sfida e che, dall’incontro con culture diverse, possiamo trarre nuove possibilità.
In terapia: dal blocco alla trasformazione
Nella stanza di terapia, l’ecoansia si manifesta spesso come un senso di blocco. “So che il problema esiste – mi dicono alcuni pazienti – ma mi sento troppo piccolo per fare la differenza”.
È qui che diventa utile portare altre narrazioni: storie di comunità che hanno reagito con creatività, esempi di persone che hanno trasformato la paura in un motore di cambiamento. Non per cancellare l’ansia, ma per riconoscerne il valore e trasformarla in energia costruttiva.
Quando l’ecoansia trova spazio e ascolto, può diventare terreno fertile per il lavoro terapeutico: da segnale di pericolo a spinta per cercare nuovi equilibri, personali e collettivi.
Un invito alla resilienza condivisa
La resilienza non è mai solo un fatto individuale. Nasce negli incontri, nelle azioni comuni, nelle pratiche quotidiane che scelgono la cura invece della rassegnazione.
Forse l’ecoansia non è soltanto un peso da alleggerire. Può essere anche una bussola che ci ricorda la nostra responsabilità verso il mondo e ci invita a muoverci, a cambiare, a prenderci cura insieme della Terra che abitiamo.
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